La Verna (AR) - Assisi (PG) - Parrocchia Sturno

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La Verna (AR) - Assisi (PG)

Pellegrinaggi
 




La Verna 15 Maggio 2015

Usciti dal grande cancello del santuario restiamo subito impressionati dallo scempio creato, nel bosco di faggi secolari, dal recente tornado che ha investito l’Alta Valle Tiberina e in special modo il Monte della Verna: sembra che una gigantesca e potente motosega, sfuggita al controllo sia improvvisamente impazzita, accanendosi contro la natura circostante. Siamo in viaggio
da appena pochi minuti, la segnaletica è carente e già siamo assaliti dal dubbio: destra o sinistra? Per un pellegrino è questa la domanda più ricorrente durante ogni viaggio. Scelgo la destra e dopo dieci minuti di una ripida salita la mia scelta viene premiata dalla presenza di una splendida ed enorme croce di legno che ci rassicura di essere sulla strada giusta. Antonio è così eccitato che subito prega Anne di farci una bella foto con la croce sullo sfondo.Cinquanta metri dopo, un cartello ci informa che stiamo incrociando il sentiero che viene giù da Forlì e prosegue per Roma. Il sentiero già ripido si impenna ancora di più e giunti in cima, un altro cartello ci informa che siamo sul Monte Calvano, a quota 1254, quindi caracolliamo oltre il colmo e, lasciando il Casentino, ci avviamo verso l’Alta Valle del Tevere, lungo la discesa che ci porterà a Pieve Santo Stefano. In fondo ad un vasto quanto verdissimo prato, tempestato di minuscoli fiorellini gialli, Antonio decide di cambiarsi i pantaloni lunghi, fa già troppo caldo, io ed Anne lo lasciamo dietro un folto cespuglio e giunti all’ombra di un grosso leccio, cinquanta metri più avanti, facciamo una sosta. Non sono fortunato, deposito il mio fardello su di un nido di formiche che, in un baleno e a centinaia, invadono dento e fuori il mio zaino. Passerò il successivo quarto d’ora a scuotere il sacco per liberarlo degli insetti operosi, sì, ma anche tanto… rompiscatole!La discesa è piacevole, Anne capisce discretamente l’italiano e si esprime nella nostra lingua molto meglio di quanto dava ad intendere. La compagnia è piacevole, noi siamo molto disponibili con lei e, presto, ci rendiamo conto di avere a che fare con una donna colta e sensibile, molto educata e attenta.L’avevamo conosciuta la sera prima, dopo aver salutato Rosaria, Greta, Patrizia e Gigi che rientravano a Sansepolcro, l’avevamo incontrata nel refettorio del convento. Con Antonio eravamo seduti ad un tavolo, apparecchiato per quattro e due signore si erano avvicinate a noi chiedendo, cortesemente, il permesso di potersi sedere in nostra compagnia. Poi si erano presentate come Anne e Nives. Anche loro due si erano appena conosciute sul pullman che da Bibbiena le aveva scarrozzate fino a La Verna.  Nives era una tirolese di Merano, Anne invece era una signora tedesca di Düsseldorf. La prima era in convento per un ritiro spirituale di tre o quattro giorni, l’altra invece avrebbe fatto un pellegrinaggio di sicuro fino ad Assisi ma poi, forse, si sarebbe spinta addirittura fino a Roma. Dopo una lunga ed allegra chiacchierata, Nives che faceva un po’ da interprete (essendo bilingue la nostra lingua la conosceva molto bene) prima di andare tutti a dormire, aveva insistito perché Anne il mattino seguente si aggregasse a noi due. Dopo l’abbondante colazione, infatti, la tedesca ci aveva chiesto se avessimo qualcosa in contrario a che lei si incamminasse in nostra compagnia. Si era immediatamente rincuorata nell’apprendere, da Nives che noi eravamo onorati della sua presenza e che ci avrebbe fatto soltanto piacere poter condividere con lei la maggior parte del percorso che ci attendeva da lì in avanti. Intanto il sentiero era ben segnato e non avevamo avuto più difficoltà a raggiungere Pieve Santo Stefano, anche il tempo aveva tenuto, nonostante qualche nube si stesse addensando all’orizzonte. Appena dentro il paese ci eravamo fermati presso un albergo ristorante e, dopo una bella rinfrescata, avevamo consumato un ottimo piatto di pappardelle ai funghi porcini, innaffiato da un bel bicchiere di vino rosso che la tedesca pareva gradire molto. E’ stato soltanto dopo il caffè che Anne mi ha pregato di trovargli un letto per dormire in quel di Pieve Santo Stefano, lei non se la sentiva di proseguire per il Passo di Viamaggio, dove io e Antonio ci eravamo prefissi di giungere alla fine di quel primo giorno di marcia.Devo ammettere che con un certo dispiacere, mezzora dopo io Antonio, lasciata la nostra amica, ci mettevamo di nuovo in marcia, prossima tappa il Cerbaiolo, un antico eremo appollaiato su di un dirupo, ad 1,5 km. Di distanza dal sentiero principale. Dentro il paese, però, abbiamo presto smarrito le indicazioni per il sentiero e siamo finiti per seguire quelle stradali, con la conseguenza di giungere all’eremo quasi con un’ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia. A tutto ciò si è aggiunta anche la circostanza che l’eremo fosse chiuso (abbiamo appreso soltanto dopo, da Patrizia, che per la visita sarebbe stata indispensabile la prenotazione), rendendo pertanto inutile la deviazione dal sentiero principale, con il risultato che con tutto il tempo sprecato, saremmo potuti essere già al Passo. Unica consolazione, quando ormai la stanchezza cominciava a farsi sentire pesantemente, le mie barrette di cioccolato fondente ed una fontana che proprio ignoravamo di trovare quando ormai le borracce erano praticamente vuote come il nostro stomaco! Con l’aiuto di Francesco e qualche inevitabile morso dei crampi, alle 19 circa siamo giunti al Passo, ora potevamo chiamare l’albergatore per farci prelevare e condurre nel nuovo albergo a mezza dozzina di km.di dal vecchio albergo sul Passo, ormai abbandonato al suo inevitabile destino.  Alle 20,45, dopo la doccia, il bucato e la stesura della biancheria, finalmente ci siamo messi a tavola, una bella grigliata mista di carne e patate fritte, a consolazione di tutta la fatica di questo primo giorno di cammino verso San Francesco. Prima di andare a letto, facciamo la conoscenza di Patrizia, una bella e forte signora toscana, che sta guidando sul cammino una dozzina di allegri e simpatici turisti brasiliani. La donna, che sa tutto e di tutti sul cammino, ci interroga ben bene sulle nostre intenzioni e non ci risparmia una buona dose di preziosi consigli sul percorso del giorno successivo: la meta? San Sepolcro! dove ci attenderanno Rosaria con Greta, Patrizia e Gigi. Uhhhh! Che stanchezza… Il tempo di fare il segno della croce e di ringraziare il Santo… e buona notte!

Valico di Viamaggio – 16 maggio 2015
Il cicalino della sveglia giunge alle nostre orecchie con lo stesso effetto di un sasso che, rotolando dal costone di una montagna, finisce sulla testa di uno stanco viandante. Antonio emette un gemito di protesta ma non si muove di un millimetro, resta immobile come morto, io afferro gli occhiali e mi infilo in bagno. Venti minuti dopo, sto raccogliendo la biancheria che avevo stesso sotto il portico una diecina di ore prima: è più bagnata di quando l’ho stesa, l’umidità della notte, lì al passo, non ha fatto sconti a nessuno, neppure alle nostre mutande. La colazione è abbondante e nella sala c’è molta animazioni: i pellegrini brasiliani sono contagiosi e con Antonio scommettiamo che prima di sera con loro diventeremo amici. Dobbiamo tutti ritornare al passo, noi diamo la precedenza agli ospiti che caricati su tre auto vengono ricondotti sul sentiero, in prossimità del Valico. Quando vi giungeremo noi, loro non ci sono più, si sono portati avanti. Ci addentriamo nel bosco, il sentiero subito si impenna, le gambe, dapprima riottose e legnose, cominciano a sciogliersi pian piano. Quando scolliniamo, davanti a noi si spalanca un’ampia vallata, facciamo una breve sosta, beviamo un sorso d’acqua, Antonio furtivo accende la sua seconda sigaretta pochi tiri, poi mi guarda: - Mica dobbiamo salire, lassù… su quel costone di fronte a noi?-Non lo so – protesto pronto – ma siamo partiti solo trenta minuti fa, se cominci con queste   preoccupazioni già a quest’ora, sarai sfinito quando nel pomeriggio raggiungeremo Sansepolcro!In ogni caso aveva ragione lui, il sentiero dopo averci portato in fondo ad un burrone ci riporta di nuovo su e proprio dove temeva Antonio, in cima al colle che prima torreggiava di fronte a noi.Quando raggiungiamo il colmo, Antonio comincia a sacramentare, non per la stanchezza ma perché scopre di aver perso per strada il berretto e la borraccia (una bottiglia di plastica della Schweppes) che portava attaccati allo zaino. Poco prima era scivolato, davanti a me, io sono sicuro che non li ha persi in quella circostanza, conveniamo piuttosto che si sono sganciati l’ultima volta che, tolto lo zaino dalle spalle lo ha poggiato sull’erba, prima di fare quattro salutari boccate di fumo.Sta ancora brontolando quando, nella lunga discesa a valle, riprendiamo i brasiliani. Intanto squilla il telefono, è il compare Gigi che si informa di come stiano andando le cose, mi chiede a che ora pensiamo di giungere nella città di Piero della Francesca, stasera si cenerà da loro, dove tra l’altro soggiorna anche Rosaria, la mia signora. Per scaramanzia non mi sbilancio, è troppo presto fare previsioni, tra l’altro sono previste piogge, anche copiose, tra Montagna e Borgo Casale… meglio restare prudenti! Prima di chiudere il compare mi suggerisce un ristorante, lì a Montagna, anche in questo caso preferisco non fare programmi, un panino nello zaino ce l’abbiamo già, il resto si vedrà man mano. Intanto, guidati tutti dalla sapiente esperienza di Patrizia continuiamo a salire e a scendere montagne, infine a circa un’ora di cammino da Montagna ci accoglie la pioggia, prima lenta e sporadica, poi sempre più continua. Quando ci investe uno scroscio molto intenso siamo ormai giunti a Montagna, nonostante le variopinte mantelline antipioggia, ci bagnamo parecchio, prima di infilarci in un bar, un rifugio piuttosto mal messo: hanno aperto da qualche giorno, le infrastrutture sono alquanto inadeguate, non hanno neppure da mangiare, Antonio divide con Patrizia il suo panino ma in compenso ritrova l’acqua e una nuova bottiglia da adibire a borraccia. Perdiamo più di un’ora, i brasiliani si sono avviati prima, come al solito, noi contiamo di riprenderli più avanti. Su e giù, su e giù, per un paio d’ore, poi dopo l’ennesima salita, resa scivolosa dal fondo argilloso e dalla pioggia, finalmente tra i rami scorgo a circa un chilometro da noi, il borgo di Monte Casale, peccato che il sentiero stavolta non ci faccia scendere nel burrone e poi risalire ma ci fa fare un ampio giro, il sito si riallontana dalla nostra vista sempre più, fino a quando dopo un paio di chilometri e dopo una svolta ricompare davanti a noi, anche questa è fatta ma siamo ancora a circa un’ora e mezza da Sansepolcro, il vero problema è che siamo stremati, io sento i piedi laceri e stracotti. La chiesetta di San Francesco è splendida, come le reliquie e le testimonianze che custodisce ma noi siamo troppo preoccupati, la discesa verso la nostra meta – ci avverte Patrizia, la guida che abbiamo finalmente ripresa assieme alla sua pittoresca compagnia carioca – sarà lunga e dura…resa anche scivolosa dalla pioggia… che belle notizie! I brasiliani hanno chiamato dei taxi e quindi ci aspetteranno a Sansepolcro, visto che pernotteremo nello stesso ostello. Ci affidiamo a San Francesco che, scolpito in pietra in una plastica posa, è seduto sul muretto del cortile mentre osserva dall’alto la valle sottostante, giù verso San Sepolcro (Patrizia, la nostra ospite, più tardi a tavola, ci correggerà: il Santo non guarda verso la città ma verso le tre croci di legno svettanti sulla collina che, da sinistra, domina Monte Casale).Il sentiero è ripido e scivoloso ma io sono stanco, i piedi mi fanno male e non vedo l’ora di arrivare a destinazione, quindi mi catapulto a precipizio, Antonio fa fatica a starmi dietro e, più tardi mi confesserà di avermi visto almeno trenta volte rischiare di cadere ma poi miracolosamente restare in equilibrio e riprendere la corsa in picchiata. Ogni tanto mi guardo indietro per assicurarmi che Antonio mi stia seguendo ed è appunto in una di queste circostanze che vedo Antonio illuminarsi improvvisamente e poi emettere uno stupito: - Marooonna (Madooonna)! Un cervo… grandissimo!Io, di spalle, mi son perso completamente la scena, la bestiola (o bestione, come sostiene Antonio) è stato disturbato da nostro arrivo mentre era sceso ad abbeverarsi al torrente che, impetuoso per la pioggia abbondante, scarica rumorosamente la sua portata sotto di noi.Riprendo a correre ed in meno di mezz’ora siamo giù a San Martino, dove riprendiamo a percorrere la strada asfaltata che, scendendo da Montagna e Monte Casale incrocia il sentiero e circa tre km.  dallo splendido centro storico biturgense.Ormai ci sentiamo vicini alla meta e, dando fondo alle nostre forze residue, ci incamminiamo soddisfatti. Fatto poco più di un chilometro, però, un cartello ci indica di svoltare a destra facendoci abbandonare di nuovo la strada provinciale. Ho molti dubbi, annuso aria di nuove fatiche, sono recalcitrante, quella deviazione non mi convince. Anche Antonio sulle prime appare dubbioso, poi mi fa presente che se il segnale indica quella direzione un motivo ci sarà pure, forse ci sarà qualche sito importante da visitare. Il mio compagno di cordata è diventato “integralista”, già al secondo giorno non fa più sconti a nessuno! Non mi va proprio giù quella deviazione ma cedo alle insistenze di Antonio ed anche alla mia maledetta curiosità di andare a scovare sempre cosa c’è… ”dietro l’angolo!”Un quarto d’ora dopo siamo già in due a sacramentare: il sentiero si impenna mostruosamente, poi per aggirare una proprietà privata, ci riporta in mezzo all’erba alta e bagnata che ci infracida ancor più scarponi e pantaloni che si erano appena asciugati, prima in discesa e poi di nuovo in salita. Circa un kilometro dopo, infangati, madidi di sudore e ormai senza forze, giungiamo su di una cresta, un cartello ci informa che siamo davanti al convento dei cappuccini, peccato che sia chiuso e abbandonato, sotto di noi ad un paio di chilometri ancora c’è la nostra meta. Ci guardiamo scornati e sfatti, mi ricordo di avere nello zaino un ultimo pezzetto di cioccolato fondente, Antonio sorride, non ci resta che consolarci con un po’ di dolcezza. Abbiamo ancora in bocca il sapore del cioccolato, tre signore straniere (badanti di qualche paese dell’est) sono sedute di fronte a noi su  alcuni tronchi ammucchiati sul ciglio sinistro della stradicciola, chiacchierano beatamente tra di loro, quando ci scorgono si incuriosiscono e sorridendo chiedono da dove veniamo, glielo diciamo ma non hanno alcuna idea dove sia il Valico di Via Maggio, di rimando chiedo loro quanto manchi per la città, che nel frattempo è sparita dietro gli alberi: - Cinque minuti e troverete le prime case… a dieci… il centro! – ci comunicano in un italiano quasi perfetto.L’ostello è proprio nel centro storico, lo raggiungiamo facilmente, è un antico palazzo, ben tenuto, proprio accanto alla chiesa di Santa Maria dei Servi. Una signora gentilmente ci indica una camera, poi ci invita a scegliere il posto letto che più ci aggrada: tra quelli presenti nello stanzone, ci sono otto letti a castello, due sono occupati, con Antonio ne scegliamo due diversi ma entrambi in basso: - E chi ce l’ha la forza di salire la scaletta per un letto più alto?Io vado a fare la doccia per primo, quando tolgo gli scarponi prima e sfilo le calze, dopo, mi metto le mani nei capelli, i miei piedi sono in uno stato pietoso e non solo per la presenza di vesciche, gli arti sono entrambi bolliti, gonfi e malandati, già penso con terrore a quando dovrò rimettere gli scarponi…Antonio è in coma, si sdraia sul letto e mentre aspetta il suo turno per fare la doccia si addormenta. Io intanto sono preoccupato: abbiamo tutta la biancheria e gli indumenti bagnati, quella lavata la sera prima è ancora umida, la rimanente con i pantaloni, magliette, felpe e scarponi nonché calze è sporca di fango, sudore e pioggia… che allegria!Mentre Antonio fa la doccia chiamo Gigi e Patrizia che subito mi tranquillizzano, hanno già pensato a tutto e trovata la soluzione, la cosa più importante e quella di far giungere a casa loro tutti i nostri indumenti, scarponi esclusi, per quelli purtroppo non c’è nulla da fare!Dieci minuti dopo arriva la cavalleria in soccorso dei poveri pellegrini: Gigi e Greta sono con la macchina sotto il portone della foresteria dell’ostello per prelevare noi ed il nostro puzzolente fardello!Una volta giunti in caserma (Gigi è il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Sansepolcro), Rosaria e Patrizia si mettono all’opera, in men che non si dica caricano la lavatrice e mezzora dopo ci consegnano la biancheria lavata. Mentre Antonio resta stravaccato sul divano del salotto in compagnia delle signore che a loro volta sono alle prese anche con la cena, io, in macchina con Gigi raggiungo il vicino centro dove, tra le altre attività commerciali, c’è anche una lavanderia automatica munita di asciugatrice automatica a gettoni. Con la spesa di pochi euro, mezzora dopo tutti gli indumenti dei pellegrini sono lavati, profumati e morbidamente asciugati, ora si può pensare finalmente e più serenamente alla cena e al prosieguo della serata in famiglia. E questo non solo perché c’è anche Rosaria, la mia signora, ma anche e soprattutto perché Gigi, che io e Rosaria abbiamo visto nascere e crescere è un nostro “figlioccio” cioè noi siamo i suoi “padrino e madrina” di battesimo. Anche il legame tra Antonio e Gigi è importante, sono infatti amici dall’infanzia! Il rapporto, poi, con Patrizia e con la loro splendida figlia Greta, come è facile comprendere, è tutto una conseguenza di quei basilari presupposti. A tavola è una festa, il cibo è fantastico: Patrizia è un ottima cuoca, oltre che una splendida padrona di casa, la compagnia è deliziosa. La discussione non è mai banale, grazie a Dio siamo tutti soggetti curiosi, sempre avidi di sapere, di conoscere, di apprendere! Parte tutto da una mia domanda a Greta: dopo quasi due anni come si trova a Sansepolcro? La ragazza prontamente risponde che all’inizio era un po’ preoccupata per l’ambiente nuovo, per aver lasciato le amiche a Veiano ma ora poteva con gioia affermare di essere felice in questa città, per le tante amiche, per la comunità che la circonda. Patrizia e Gigi osservano con orgoglio il loro gioiello più prezioso, non immaginavano che la loro figliola potesse integrarsi così presto e così bene con la nuova realtà. Che bello vederli così entusiasti, questi spettacoli fanno bene alla vista e soprattutto al cuore. Io non mi stupisco affatto, invece, e mi permetto di spiegarne i motivi. Tutti pendono dalle mie labbra, soprattutto Greta, quando espongo il mio pensiero: - La terra nella quale ci troviamo è uno angolo… di Paradiso. Perciò comprendo appieno l’entusiasmo della ragazza.  Il territorio compreso nel triangolo formato dalla valle dell’Arno e la valle del Tevere è uno dei siti prediletti da Dio, qui il suo alito divino si è posato con un’intensità maggiore che in altri luoghi. Qui si è scritta buona parte della storia d’Italia, pensate ai Comuni (Firenze, Siena, Pisa, Arezzo, Perugia, Assisi e cento altri…); qui è stato concentrata la parte migliore dell’ingegno e della fantasia umana capaci di scrivere la storia dell’arte del mondo intero. In nessun’altra parte del mondo è stata concentrata tanta ricchezza d’ingegno. Prendiamo la letteratura: ad Arezzo è nato il Petrarca, Dante è nato a Firenze come il Cavalcanti, Boccaccio è nato a Certaldo, Leopardi a Recanati, appena un po’ più il là. Nell’arte non ne parliamo: Leonardo a Vinci, Michelangelo a Caprese, Raffaello Sanzio a Urbino, Piero della Francesca proprio a Sansepolcro, il Vasari ad Arezzo, il Beato Angelico nel Muggello, Giotto a Vespignano, Cimabue a Firenze. Vogliamo parlare di Santi? Francesco e Chiara ad Assisi, Caterina a Siena, Rita a Cascia, Margherita a Cortona, Bernardino ancora a Siena, Donato ad Arezzo, Lino a Volterra, Benedetto a Norcia, Ubaldo a Gubbio, Valentino a Terni… e non parliamo poi delle diecine di papi nati in queste terre. Pensate solo ai nostri tempi e, senza scomodare quelli del passato, a personaggi a noi contemporanei. Nella musica, per esempio, sono di queste parti Andrea Bocelli, Aleandro Baldi, Irene Grandi, Riccardo Fogli, Marco Masini, Gianna Nannini, Pupo, Don Backy, Piero Pelù e tanti altri ancora, che non sto ad elencare per non risultare oltremodo noioso… Se vivessi da queste parti anche io condividerei l’entusiasmo di Greta e delle sue compagne, sarei orgoglioso di respirare quest’aria, questo profumo di arte e di santità, ben noto a noi pellegrini che vaghiamo per queste contrade. Per dirla con Jovanotti, che guarda caso è di queste parti, di Cortona appunto, questi luoghi possiamo considerarli davvero… l’Ombelico del mondo!



Sansepolcro – 17 maggio 2015


Sono le sette quando suona la sveglia nella foresteria dell’ostello, i nostri compagni di stanza sono già spariti, ieri sera quando siamo rientrati era tardi e già russavano avvolti nelle loro coperte, stamattina sono partiti mentre noi ancora russavamo sotto le nostre.La colazione è calda ed abbondante, servita in una splendida sala con il tetto “a volte”. Finita la colazione, Patrizia, la guida, ci invita ad incamminarci, lei si tratterrà in meditazione di gruppo, ancora per qualche minuto, con i suoi carioca ci raggiungeranno verso Citerna, strada facendo.Quando usciamo dalla cittadina, il sole è già bello caldo, Anghiari è disteso come un vecchio addormentato (mi sovviene una vecchia e bellissima canzone) lungo la collina difronte, più a sinistra la prima delle nostre mete giornaliere, oggi ci aspetta un percorso tutto sull’asfalto, poveri piedi miei martoriati, bah! Meglio non pensarci… Appena alzato, fortunatamente, ho fatto più fatica ad infilare le calze che gli scarponi…ancora umidi! Per str4da andiamo belli spediti, risolto alla grande il problema della biancheria, siamo entrambi di buon umore. Dopo circa un’ora ci concediamo una piccola pausa e ne approfittiamo di scambiare quattro chiacchiere con un loquace contadino, tutto intento a dirigere le operazioni di alcuni braccianti: stanno trapiantando delle giovani pianticelle di tabacco, una nuova qualità a foglia larga per la formazione di sigari, dal nome inconfondibilmente americano, Kentucky appunto. A mia espressa domanda ci informa anche che le immense coltivazioni che si estendono sul fronte opposto della strada sono composte per la maggior parte da erbe medicali, melissa in particolare, che presto andranno a rifornire le più importanti erboristerie della penisola, per conto di una grossa e nota industria del settore. Staremmo ancora ad ascoltare le interessanti notizie che l’uomo ci elargisce a piene mani, ma il sole è già alto e comincia a scottare con una certa insistenza. Salutiamo e ci avviamo verso Citerna che si staglia davanti a noi e si avvicina sempre più. Quando giungiamo sulla piazza restiamo affascinati dallo spettacolo che si staglia davanti a noi: Citerna è un balcone che si affaccia su tutta l’Alta Valle Tiberina e con San Sepolcro in bella evidenza. Il tempo di dissetarci alla fontanina davanti alla chiesa e di darci una bella rinfrescata, poi una breve visita alla chiesa di San Michele Arcangelo per ammirare la Crocifissione di Niccolò Circignani
detto Il Pomarancio All’uscita dalla chiesa troviamo la piazzetta invasa dai nostri amici brasiliani, foto di gruppo, bevute, un gelato, un mezzo panino e via, il barista stava per chiudere il locale ma paziente non si lascia sfuggire l’occasione di un insperato guadagno. Mentre usciamo dal piccolo e splendido borgo, sulla sinistra si scorge il nucleo abitativo di Monterchi, il mio pensiero corre subito alla Madonna del Parto, altra famosa opera di Piero della Francesca, peccato che non ci sia proprio alcuna possibilità di visitare il sito, Città di Castello è ancora molto lontana, il percorso sarà tutto sull’asfalto e visto che è già mezzogiorno sarà durissimo: a riprova che l’uomo non è mai contento, personalmente, comincio a rimpiangere gli scrosci di pioggia di Monte Casale e di Montagna del giorno prima. Ancora una volta, ai piedi di Citerna, ci separiamo dai brasiliani, pernotteranno a Le Brugne, Città di Castello per loro è troppo lontana, ci arriveranno il giorno seguente. E’ l’ultima volta che li vediamo, li abbracciamo tutti e facciamo loro il nostro “In bocca al lupo”!  La mia previsione si rivela azzeccata, alle sedici circa, quando finalmente troviamo un bar lungo la rovente strada statale e decidiamo di fare una sosta, siamo ancora lontani, a circa sei km. dalla nostra meta, la Residenza Antica Canonica. Fa un caldo bestiale, gli scarponi ormai asciutti sono come due stufette, i piedi sono in ebollizione, provo a farli rinfrescare sull’erbetta rasa di un’aiola davanti al locale ma tutto è inutile anche l’erba si è surriscaldata. Per arrivare a destinazione, quasi due ore dopo, attraversiamo quasi tutta la periferia ed il centro storico della città di Monica Bellucci che, tra l’altro con scarso tatto, non si è fatta neppure vedere…Ovviamente sto scherzando! Stanco e sfatto mi trascino fino all’ascensore che mi porterà verso le nostre camere Antonio che si era trattenuto per consumare davanti al portone l’ennesima sigaretta, non si accorge dell’ascensore e quando dopo tre rampe di scale finalmente mi raggiunge sta ancora brontolando per la fatica imprevista quanto inutile. L’appartamento è grande, ci sono due camere da letto matrimoniali, un grosso soggiorno-pranzo-cucina ed un televisore, dopo la doccia ne approfitto per assistere ad un pezzo di trasmissione sportiva della domenica. Nel frattempo sopraggiunge Elisa, una simpatica e bella ragazza che, al contrario della Bellucci, aspetta proprio noi. Mi spiega che solo ai pellegrini, quando può, concede gli appartamenti a prezzi stracciati, per tutti gli altri non ci sono sconti. Lasciata la ragazza, libera di andare a divertirsi nella fresca serata domenicale, e mentre Antonio si riposa, io non mi lascio vincere dal sonno, se lo facessi finirei con il saltare la cena. Quando alle 20,45 ci tuffiamo in strada non siamo fortunati, è appena buio e ignoriamo completamente la presenza della piazza del Duomo mentre ci infiliamo in una pessima pizzeria in uno stretto vicoletto, siamo proprio cotti, sicuramente più e meglio della pizza che ci viene servita, unico conforto la birra ghiacciata. Quando infine passiamo accanto al Duomo e scopriamo un bel po’ di localetti ci guardiamo in faccia ma non facciamo alcun commento, non ne abbiamo la forza né vale la pena prendersela più di tanto, ora abbiamo bisogno solo di una bella e lunga dormita.
Prima di chiudere gli occhi penso che siamo già a metà strada, fra tre giorni saremo finalmente ad Assisi e penso con un certo rammarico che, nonostante le fatiche, i disagi, abbiamo fatto fuori anche la parte migliore di questo viaggio: i preparativi, le ansie, i dubbi, le curiosità, la tensione, tra qualche giorno tutto questo sarà dietro di noi, tutto sarà passato. A me e anche ad Antonio, che sta per concludere la sua prima esperienza di pellegrino, cominceranno a mancare le sveglie, questi luoghi, certi riti quotidiani tipici del cammino e, per consolarci degli inevitabili vuoti, saremmo costretti a pensare al prossimo pellegrinaggio, alla prossima esperienza. Mamma mia, che sonno! Adesso sono davvero stanco e devo proprio salutare tutti…




 
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